25-05-2011 - "Goodfellas" conquista a Salina la vittoria nel campionato regionale


Messina
Reduce da un brillante 3. posto al Campionato Nazionale dello Ionio e del Basso Tirreno, vittorioso al campionato invernale d'altura di Palermo, il team di Goodfellas, il First 34.7 dell'armatore Ettore Morace, ha portato a casa anche la vittoria in campionato siciliano d'altura classe 3/4 disputatosi nelle acque della verde isola di Salina.
La tre giorni di regata, caratterizzata da un vento da Nord-Est di intensità variabile tra i 5 e 15 nodi ha visto gli equipaggi impegnati in percorsi molto tecnici: cinque prove sulle boe ed una regata di navigazione costiera, che prevedeva il periplo dell'isola di Salina. L'equipaggio di Goodfellas, targato Associazione Motonautica e Velica Peloritana, con rte primi, due secondi e un terzo posto ha vinto con 8 punti in classifica lasciandosi alle spalle due First 35: Weltanshauung degli armatori palermitani Pitruzzella e Lo Bue, che si piazza in seconda posizione con 11,5 punti, e Squalo Bianco dell'armatore catanese Concetto Costa che con 12,5 punti guadagna la terza posizione.
L'equipaggio di Goodfellas, fiore all'occhiello della società del presidente Barbera, era formato dall'armatore Ettore Morace al timone, Salvo D'Amico tattico, Marcello Alveario randa, Franco Costa tailer, Antonio Barbera drizze, Marco Bruni albero, Vincenzo Puglisi prua.
Da segnalare la partecipazione degli altri equipaggi messinesi: Mizar di Pollicino, Paluk di Badessa, Kika di Fulci, Tangaroa di Sorrenti, Don Carmelo di Ofria e Sif di Fiannacca, autore quest'ultimo di un brillante secondo posto nella regata costiera.
Nella categoria della quale facevano parte le barche di lunghezza superiore a 36 piedi, la vittoria del campionato è andata a Zenea Takesha dell'armatore Natale Lia del NIC di Catania, seguito in classifica da Poquito degli armatori Alagna e Petitto della Società Canottieri Marsala e da Fishbone di Lorenzo Spataro della LNI Palermo, classificata al terzo posto.

 

24-03-2011 - Quel pamphlet sui luoghi dell'anima tra vizi e virtù degli abitanti dell'Isola


Francesco Bonardelli
La Sicilia è terra di cui ci s'innamora, anche considerandone le eventuali negatività; ovvero quei vizi e quei difetti degli indigeni, che in ciò non si differenziano certo da tutti gli altri abitanti del pianeta. Allora «L'arte di annacarsi» – la guida ragionata di Roberto Alajmo alle tante bellezze e alle poche brutture dell'isola – può divenire oggetto di confronto e dibattito sul presente e sul passato, sulle opportunità saggiamente sfruttate e su quelle drammaticamente perdute nel corso della Storia.
È accaduto lunedì sera alla Motonautica di Messina, per iniziativa del presidente Antonio Barbera e di un gruppo di soci particolarmente interessati alla dimensione culturale dell'attività del sodalizio.
Alajmo ha parlato a lungo della sua «idea» di Sicilia; anzi, della dimensione interiore delle tante «Sicilie» – così definite a suo tempo da Bufalino – che costituiscono l'ossatura di un divenire quanto mai complesso e variegato. Dalle tradizioni più antiche e maggiormente radicate nella mentalità comune, in cui i riti pagani e quelli religiosi giungono addirittura a confondersi, fino alle più moderne acquisizioni dell'espressività artistica, i percorsi interiori degli isolani finiscono per coincidere con quelli della loro terra, del loro sito; appunto di quel luogo dell'anima, che in sé compendia esperienze e opportunità.
Le vicende dei secoli trascorsi hanno finito così per cedere il passo alla problematica contemporaneità, che Alajmo ha analizzato in chiave d'interpretazione estremamente drammatica, soprattutto in riferimento alla posizione strategica d'avanguardia assunta gioco-forza dalla regione riguardo la pressante emergenza dell'immigrazione. Una problematica che si affianca a quelle già esistenti, ma che in nessun modo scalfisce quell'immagine suprema di bellezza che rimane il sale della vita per ogni siciliano di nascita o di occasionale adozione.

 

27-02-2011 - Il nostro mare in musica, poesia e arte figurativa


Annamaria Crisafulli Sartori
MESSINA
Il mare è stato il protagonista dell' incontro organizzato dall'Associazione Motonautica e Velica Peloritana nella sede che si affaccia sulla riviera Paradiso. Un mare, come ha spiegato il presidente Antonio Barbera, nel rivolgere il saluto agli intervenuti, che "si è voluto rappresentare in tre forme artistiche: figurativa, musicale e poetica". "Messina e il suo mare" era il titolo della collettiva di pittura allestita dall'Associazione in collaborazione con la Galleria Orientale – sicula. Ha illustrato i dipinti la prof. Teresa Pugliatti, che si è soffermata su alcuni in particolare, individuando in qualche caso "un linguaggio semplice ma efficacissimo". Una varietà di stili, di tecniche, di immagini: una distesa azzurra, un'orca che affiora dalle onde, una visione sottomarina, quattro braccia che emergono dalle onde e si tendono verso l'alto. La studiosa, che ha esordito ricordando Lucio Barbera "organizzatore di tante mostre importanti" e Giuseppe Miligi, "finissimo critico", entrambi scomparsi, ha parlato di una tradizione critica messinese di buon livello e di una spiccata creatività dei messinesi, auspicando, infine, la creazione della "città degli artisti" caratterizzata da "studi e luoghi di esposizione". Il prof. Giuseppe Rando, ordinario di Letteratura italiana del nostro Ateneo, ha presentato, quindi, "Mari e maretta", la più recente silloge di Maria Costa, che ha definito "pueta du mari", che si esprime nel dialetto messinese, "non una sottolingua, né una degradazione della lingua – ha sottolineato - bensì portatore di un'altra cultura ricca di valori, di un'altra visione del mondo". Rivive nei suoi versi – ha continuato – la cultura dei pescatori dello Stretto e lei, "quasi scoglio cui aggrapparsi, resiste al tempo ed alle convenzioni dominanti". Nella silloge, in una varietà di temi e di metri, tra sonetti, canzoni, distici e poemetti, il relatore ha "letto", fra l'altro, accorgimenti retorici come l'enjambement, indice di "una maestria propria del poeta avveduto, scaltrito, capace di sedurre il lettore". Abbiamo, poi, ascoltato il recital "Mare mare", testo del prof. Giuseppe Cavarra e musica del prof. Mario Rizzo. Nelle pagine lette dal primo, hanno preso vita lo scirocco, "ventu cascittuni", l'oleandro fiorito due volte dietro la casa di Maria Costa e la figura di don Anciulu pescatore, che narrava la "leggenda del vascello fantasma, un'imbarcazione dalle vele nere governata da gabbiani, ascoltata chissà in quale mare del Nord e divenuta patrimonio dello Stretto". "Il veliero affonda – conclude Cavarra come un antico cantastorie – e i gabbiani si perdunu 'nto ventu". E Rizzo, nella cantata del marinaio, accompagnandosi con la chitarra, chiede al mare "forza e armonia" ed anche pace: "mari dacci abbentu!" e torna al ritornello: "Mari iancu, mari niru, mari scuru, mari chiaru". Maria Costa, con voce vigorosa e ferma ha recitato sue poesie, fra le quali "Garibaldi a Torre Faro". "Lì – sottolinea - si trovano i cannoni simbolo dell'Unità d'Italia".

 

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